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Scritto dal Dott. Davide Caricchi
Scritto il 24 Lug, 2018

Agorafobia: quando il panico ti aspetta fuori di casa…

Non c’è sintomo d’ansia senza un conflitto interiore alla base, così come non c’è sintomo d’ansia senza una storia di costrizione o limitazione della propria libertà di espressione, in nome dell’accettazione di norme familiari o della propria cultura di appartenenza.
Ovviamente anche l’agorafobia, molto spesso associata ad attacchi di panico, si può inscrivere in questa dinamica di conflitti.
Come è noto, l’agorafobia è la fobia degli spazi aperti. L’ansia che sopraggiunge quando si esce di casa può raggiungere livelli lievi oppure può provocare delle vere e proprie crisi di panico con relativi svenimenti o forti vertigini. Tali vissuti penosi tendono a scemare o addirittura a scomparire quando si viene accompagnati da persone di cui ci si fida che rappresentano un riferimento verso cui spesso l’individuo agorafobico prova sentimenti ambivalenti: sovente la figura di fiducia, nelle fantasie della persona agorafobica, è implicata nelle dinamiche che causano il disturbo d’ansia.

Caratteristiche e dinamiche

Solitamente l’agorafobia è più presente nelle donne che negli uomini e insorge tra i 15 e i 35 anni. È quasi sempre associata ad attacchi di panico e tende a peggiorare nelle fasi di depressione che può attraversare un individuo, mentre in età avanzata tende a ridursi di intensità. È importante un trattamento tempestivo e approfondito di questo tipo di disagio, in quanto se non affrontato può diventare cronico, con conseguenze davvero dannose per la vita quotidiana.
Spesso alla base del disturbo agorafobico c’è un angoscia pressante legata a tematiche relative alla propria identità che coinvolge il rapporto con la propria famiglia, con la propria cultura e il proprio contesto sociale.
Può capitare che la nostra identità, uno degli aspetti più preziosi e imprescindibili della nostra esistenza, si trasformi in una “proprietà altrui”, vuoi per ruoli specifici che col passare del tempo si sono assunti in famiglia, vuoi perché in famiglia certi ruoli hanno subìto semplicemente dei rinforzi positivi mentre altri, che rimandavano ad una maggiore indipendenza e autonomia, venivano vissuti con disapprovazione generando ansia e disagio. Alla base dell’angoscia agorafobica c’è spesso un conflitto tra bisogno di indipendenza e paura di abbandonare o tradire valori della famiglia d’origine.
Spesso, l’infanzia delle persone che soffrono di questo disagio è stata caratterizzata da episodi in cui si è avvertito l’attaccamento verso un genitore come fortemente in pericolo: la causa può essere dovuta a genitori troppo minacciosi, umorali, ipercritici o esigenti, ipercontrollanti, oppure ad una marcata sensibilità del bambino a critiche, giudizi e atteggiamenti controllanti. Con quale risultato?…

Alle origini dell’agorafobia e dell’attacco di panico

Il risultato è che l’ambiente familiare diventa spesso un “legaccio” dove i genitori vengono vissuti come non supportivi… con conseguente sensazione di ritrovarsi “ingabbiati” qualora ci si discostasse dai dettami dell’ambiente familiare. Questo provoca vissuti di rabbia e aggressività che però diventano col tempo di difficilissima gestione generando quel senso di colpa che porta all’inevitabile conflitto. E in cosa consiste questo conflitto?…nella contrapposizione tra due aspetti chiave per la vita dell’agorafobico: separazione e attaccamento. Per l’agorafobico separazione e attaccamento sono reciprocamente escludentisi…questo conduce ad una smodata sensibilità sia nei confronti della perdita di libertà sia verso la perdita della sicurezza e della protezione dell’ambiente familiare originario. Quale sarà la conseguenza di questo tipo di ambivalenza?…le persone agorafobiche adotteranno comportamenti atti ad evitare sia la separazione, che è vissuta come troppo minacciosa, sia l’attaccamento che è invece vissuto come troppo opprimente e soffocante. Ecco che si concretizza la dinamica agorafobia. L’ambiente esterno (i luoghi aperti) può rappresentare uno slancio verso l’indipendenza che però viene vissuta come pericolosa…ecco che allora serve una figura che funga da “accompagnatore” che dia sicurezza e che spesso è rappresentata da un membro di quell’ambiente familiare che a sua volta genera senso di oppressione e chiusura. Ecco che l’agorafobico si ritrova in una vera e propria “trappola” dalla quale fatica ad uscire…
In situazioni del genere, la psicoterapia dinamica (una psicoterapia orientata all’analisi delle origini dei conflitti interni) può essere di grande aiuto. Essa non elimina l’ansia legata alle circostanze agorafobiche ma aiuta ad aumentarne la tolleranza: questo porta ad una maggiore acquisizione di consapevolezza e ad un espansione delle proprie capacità riflessive che permettono alla persona da una lato di capire da dove arrivi quest’ansia e dall’altra di arginarla nei momenti di maggiore fragilità.

Per qualsiasi informazione o richiesta di consulenza: Dott. Caricchi, 377 6604829; davidecaricchi@yahoo.it

 

 

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