I disturbi dell’alimentazione sono ormai considerati i disturbi dei nostri tempi. Questo, ahimé, è abbastanza comprensibile alla luce della cultura della nostra epoca dove i mass-media offrono in maniera continuativa e ripetitiva (quasi ossessiva) immagini di donne magre e “di successo”. I disturbi dell’alimentazione sono presenti nei paesi occidentali, ricchi e industrializzati dove vi sono risorse e cibo in abbondanza e dove la magrezza viene considerata come l’unico canone di bellezza. Nei paesi dove la magrezza non viene considerata una particolare qualità, l’anoressia nervosa è pressoché inesistente. Andiamo ad approfondire meglio caratteristiche e cause di un disturbo che si sta diffondendo sempre di più e che risente molto degli stereotipi culturali dei nostri tempi.
Un dato su cui riflettere è il seguente: l’incidenza dell’anoressia è praticamente raddoppiata a partire dagli anni ’60, periodo in cui si è riscontrato un “boom economico” in molti paesi occidentali. Questo dato ci fa capire come i disturbi dell’alimentazione siano diventati una “soluzione psichica” sempre più adottata a fronte di sollecitazioni familiari, emotive ed ambientali.
I disturbi dell’alimentazione si possono suddividere in tre categorie: anoressia nervosa, bulimia nervosa e obesità.
L’anoressia consiste in un rifiuto nel mantenimento del proprio peso corporeo al di sopra del peso minimo ritenuto adeguato per l’età. Tale disturbo si concretizza in una ricerca ossessiva della magrezza collegata intrinsecamente al terrore di ingrassare, nonostante si sia sottopeso in maniera evidente. Nell’anoressia nervosa si assiste inoltre ad un’inquietante alterazione della percezione del proprio corpo e del modo di vivere il proprio peso e la forma del corpo.
La bulimia nervosa consiste invece in ricorrenti abbuffate dove si verificano due particolari fenomeni: innanzitutto, il soggetto introduce in uno specifico lasso di tempo una quantità spropositata di cibo. In secondo luogo, la persona bulimica avverte la sensazione di perdere completamente il controllo della situazione mentre si abbuffa, tant’è che spesso si fa fatica a controllare non solo quanto si mangia ma anche cosa si mangia. Molto spesso queste abbuffate sono seguite dalle cosiddette “condotte compensatorie”, ossia vomito autoindotto, digiuno, un eccessivo ricorrere ad esercizi fisici, abuso di lassativi, ecc. Ovviamente, l’obiettivo di queste condotte compensatorie è quello di evitare l’aumento del peso. Appare quindi evidente come anoressia e bulimia nervosa procedano spesso di pari passo.
I disturbi dell’alimentazione presentano una notevole complessità per quel che riguarda l’origine e l’insorgenza. L’elemento più evidente è dato dalla preoccupazione per il cibo. Tuttavia questa preoccupazione è soltanto la “punta dell’iceberg” di un disagio più profondo legato all’immagine di sé e alle dinamiche familiari del passato. La persona con anoressia nervosa matura l’incrollabile convinzione di essere impotente e inadeguata. Molto spesso il disturbo anoressico si sviluppa in ragazze che in passato si sono sempre comportate da “brave bambine” e hanno speso tutta la loro infanzia ad assecondare i genitori e a non deluderli. Con l’arrivo dell’adolescenza queste “brave bambine” diventano oppositive, provocatorie e inflessibili. Il corpo viene vissuto dalle pazienti anoressiche come qualcosa di distinto dal proprio Sé, come un qualcosa che appartiene ai genitori. Questo porta pertanto ad una totale mancanza di autonomia e indipendenza. Queste persone si sentono di conseguenza impotenti e inutili, in quanto devono essere perfette agli occhi dei genitori e si sentono nella condizione di dover rendere conto sempre a loro. Ecco che quindi, in un contesto del genere, il disturbo anoressico diventa un maldestro tentativo di cura di sé: se il corpo viene vissuto come qualcosa che appartiene ai propri genitori (così come altre parti fragili del proprio sé), il controllo del proprio corpo e nello specifico del proprio peso corporeo costituisce un modo per affermare la propria individualità e autonomia rispetto ai genitori, oltre che una forma di autorealizzazione e di senso di potere sulla propria vita.
Le pazienti anoressiche, pertanto, convertono il loro disagio psicologico in forme malsane di controllo e alterazione della quantità del cibo assunto.
Nei prossimi articoli affronteremo le dinamiche familiari e le implicazioni terapeutiche di questo delicatissimo disturbo psichico.
Dott. Davide Ivan Caricchi
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