Molto spesso si sente parlare di comportamento o atteggiamento passivo aggressivo. Questo termine è alquanto “inflazionato” nel linguaggio comune e spesso si presta a interpretazioni errate o approssimative. Il comportamento passivo aggressivo si inserisce in un complesso e delicato funzionamento psichico che presenta numerosissime sfumature e livelli di gravità.
Partiamo dalla storia del concetto di passivo aggressivo e dalla storia del comportamento passivo aggressivo che affonda le radici nel fenomeno del Disturbo Passivo Aggressivo.
Il disturbo noto come Disturbo Passivo Aggressivo è stato riconosciuto e classificato all’interno della cornice diagnostica dei disturbi di personalità dagli esperti in psichiatria già nel corso degli anni Cinquanta. La sua identificazione iniziale ha segnato l’avvio di un processo di approfondimento e affinamento concettuale che, attraverso successive revisioni descrittive, ha permesso di articolare con crescente precisione le peculiarità e le manifestazioni specifiche di questo disturbo. Fondamentale, in questo quadro clinico, è l’emergere di comportamenti caratterizzati da un’opposizione velata e da una forma di resistenza indiretta quando ci si trova di fronte alle richieste provenienti vita sociale, relazionale e professionale.
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ToggleLe persone che soffrono di disturbo passivo aggressivo tendono a reagire con sentimenti di irritazione e antagonismo che, benché molto intensi, non trovano espressione in modalità dirette o apertamente conflittuali. Piuttosto l’aggressività di queste persone si manifesta attraverso azioni e atteggiamenti che possono essere definiti come “aggressione non verbale”. Questa dinamica passivo-aggressiva si traduce nel nascondere e poi rivelare, in forme subdole, emozioni negative che, idealmente, non dovrebbero trovare spazio in interazioni adeguate e costruttive.
Particolarmente emblematico del comportamento passivo-aggressivo è il tentativo, da parte di chi lo mette in atto, di occultare i propri veri sentimenti di disagio, rabbia, frustrazione o delusione dietro una facciata di cortesia forzata o di indifferenza simulata. Queste persone possono dichiararsi serene e in controllo anche quando interiormente si sentono in realtà turbate, contrariate o profondamente deluse. Tuttavia, la tensione accumulata tende inevitabilmente a tradursi in una mutazione del comportamento che può divenire brusco o incostante e può culminare nel rifiuto di proseguire la comunicazione con l’interlocutore di turno.
Si può affermare con un certo grado di certezza che il comportamento passivo aggressivo rappresenta una strategia intenzionale, sebbene mascherata, di espressione di sentimenti di rabbia e malcontento che si celano sotto la “coltre” delle interazioni quotidiane. Tale modalità di agire si colloca in una “zona grigia” della comunicazione umana, dove l’aggressività si esprime in maniera elusiva: essa sfugge spesso al riconoscimento immediato da parte di chi la subisce ma incide profondamente sul tessuto delle relazioni interpersonali.
A livello di relazioni, il comportamento passivo aggressivo non è un qualcosa di “monolitico” e lineare.
Partiamo da una doverosa premessa: nel contesto delle dinamiche interpersonali che caratterizzano la quotidianità, è comune osservare che un ampio spettro di individui manifesti in qualche misura reazioni che possono essere classificate come passivo-aggressive. Questa tendenza emerge particolarmente nelle situazioni in cui il confronto diretto o il conflitto aperto con gli altri viene percepito come indesiderabile o, in qualche modo, evitabile. In tali circostanze, la maggior parte delle persone opta per una strategia di evitamento degli scontri diretti preferendo invece modalità di espressione più sfumate e meno nette delle proprie emozioni. Questo comportamento include il tentativo di mascherare le proprie vere emozioni, pur lasciando trasparire, in maniera più o meno evidente, segnali di disagio e di insoddisfazione.
Nelle relazioni umane è pertanto presente un continuum di manifestazioni di aggressività passiva che spazia da azioni e atteggiamenti difficilmente percettibili – quasi impercettibili e agiti “sottotraccia” – fino a forme di espressione più palese e riconoscibili. Alla luce di tali osservazioni, il dibattito clinico e la riflessione psichiatrica hanno recentemente condotto a una riconsiderazione del posizionamento diagnostico di tali comportamenti all’interno del panorama delle possibili alterazioni del comportamento e della personalità.
La distinzione cruciale proposta dagli specialisti in questo campo si fonda sulla frequenza e sulla modalità con cui tali atteggiamenti passivo-aggressivi vengono esibiti. Non tutte le espressioni di aggressività passiva sono infatti indicative di un sottostante disturbo passivo aggressivo. Queste modalità di comportamento assumono una connotazione di patologia solamente quando diventano un modello comportamentale abituale e cronico, attraverso il quale un individuo esprime costantemente sentimenti di negatività, ostilità indiretta e risentimento verso gli altri.
Pertanto, soltanto nei casi in cui questi atteggiamenti passivo-aggressivi si manifestano in maniera ripetuta e sistematica, dando vita a un pattern comportamentale stabile e ostile, è appropriato parlare di un Disturbo della Personalità Passivo Aggressivo. Al di fuori di questa specifica configurazione, le manifestazioni occasionali di comportamento passivo aggressivo rientrano nella vasta gamma di reazioni comportamentali che non implicano necessariamente la presenza di una patologia.
Gli individui con comportamento passivo aggressivo presentano un insieme distintivo di caratteristiche e modelli di condotta che si manifestano in vari contesti sociali, lavorativi e personali. Questi comportamenti possono essere visti come dei meccanismi di difesa o delle strategie indirette di gestione dei conflitti e delle emozioni negative. Di seguito, alcune delle caratteristiche e condotte tipiche associate a questo tipo di comportamento:
1. Evitamento del conflitto diretto: pur provando rabbia o frustrazione, l’individuo passivo-aggressivo tende a evitare il confronto diretto preferendo esprimere il proprio dissenso o malcontento in modo indiretto.
2. Procrastinazione: una delle manifestazioni più comuni è la procrastinazione, ossia il rinvio intenzionale e sistematico di compiti o responsabilità come forma di resistenza passiva alle aspettative altrui.
3. Dimenticanze selettive: fingere di dimenticare appuntamenti, scadenze o impegni può essere un altro modo di esprimere ostilità senza affrontare apertamente la situazione.
4. Comportamenti ostruzionistici: la persona con comportamento passivo aggressivo può adottare atteggiamenti che ostacolano il processo o il lavoro di gruppo, senza una chiara giustificazione logica, al fine di esprimere disapprovazione o resistenza.
5. Comunicazione non verbale di malcontento: attraverso espressioni facciali, tono di voce, sospiri, gesti e linguaggio del corpo, l’individuo comunica il proprio dissenso o frustrazione in modo non esplicito.
6. Critica indiretta: commenti sarcastici, battute taglienti o complimenti che suonano come critiche velate sono modi comuni di esprimere disapprovazione senza dichiararla apertamente.
7. Sabotaggio: compromettere sottilmente il successo o il benessere altrui come forma di vendetta o espressione di risentimento, senza assumersi la responsabilità diretta delle proprie azioni.
8. Falsa compliance: l’individuo può apparentemente accettare di adempiere a una richiesta ma poi agisce in modo contrario o inefficace, come forma di resistenza passiva.
9. Vittimismo: passare per vittima di ingiustizia e sottolineare le proprie sofferenze può essere un modo di attrarre simpatia e evitare critiche, pur mantenendo un atteggiamento di resistenza.
10. Difficoltà nelle relazioni interpersonali: a causa di questi comportamenti, le relazioni con amici, familiari e colleghi possono diventare tese, con frequenti malintesi e conflitti non risolti.
Questi comportamenti possono variare di intensità e frequenza e non necessariamente indicano la presenza di un disturbo di personalità passivo-aggressivo. Tuttavia, quando persistenti e pervasivi, possono indicare la necessità di valutazione e intervento psicologico o intervento psicologico online per migliorare la gestione delle emozioni e delle dinamiche relazionali.
Nell’ambito professionale, gli individui che manifestano comportamenti passivo-aggressivi si caratterizzano per un modus operandi specifico di fronte agli incarichi che percepiscono come non allineati ai propri valori o interessi. Pur presentando esteriormente un’apparenza di accettazione e cooperazione, queste persone intraprendono in realtà delle strategie sottili che mirano a procrastinare l’adempimento delle responsabilità assegnate. Tale atteggiamento non trasuda apertamente ostilità o disapprovazione; tuttavia dietro un atteggiamento di apparente assenso si nasconde una resistenza radicata accompagnata da sentimenti intensi di irritazione e frustrazione che si accumulano e persistono nel tempo.
Questo schema di comportamento dà vita a quello che può essere descritto come un fenomeno di “Inefficacia intenzionale”, una dinamica attraverso la quale l’individuo incline a reazioni passivo-aggressive sceglie deliberatamente di mettere in atto nel proprio lavoro piccoli sabotaggi, sottoforma di errori o disattenzioni. Questa scelta non è casuale ma rappresenta un modo indiretto di manifestare il proprio disagio o la propria avversione nei confronti di determinate richieste lavorative che si percepiscono come non congruenti o svalutanti.
In tal modo, l’agire passivo-aggressivo nel contesto lavorativo si traduce in un’articolata strategia di resistenza. Questa non solo compromette l’efficienza e l’efficacia nell’espletamento delle mansioni ma funge anche da atteggiamento volto a esprimere malcontento che non trova altri sbocchi comunicativi. Il ricorso a tali comportamenti, pertanto, denota un tentativo esprimere il proprio senso di inadeguatezza o di disaccordo con le aspettative degli altri mantenendo una “facciata” di conformità e collaborazione, mentre internamente si alimenta un circolo vizioso di rabbia e frustrazione che trova espressione tramite sottili atteggiamenti di insofferenza.
Gli individui che manifestano comportamento passivo-aggressivo si caratterizzano spesso per una predisposizione al cinismo, accompagnata da una sottile propensione al conflitto. Tale disposizione si riflette in frequenti lamentazioni riguardo il sentirsi incompresi e sottovalutati dagli altri. Questo atteggiamento tradisce una modalità relazionale che può sfociare in una marcata tendenza al vittimismo. Questa inclinazione al sentirsi vittime si percepisce spesso in maniera significativa e si manifesta attraverso espressioni di insoddisfazione che, pur cercando comprensione e validazione, spesso non facilitano un dialogo costruttivo.
Parallelamente, vi è una marcata tendenza a negare qualsiasi problematica nei propri comportamenti o nelle proprie reazioni emotive, nel tentativo di evitare confronti diretti o l’elaborazione di sentimenti negativi. Questa negazione, tipica del comportamento passivo aggressivo, funge da meccanismo di difesa attraverso il quale l’individuo tenta di preservare un’immagine di sé coerente, sebbene questa strategia risulti in ultima analisi controproducente per il benessere personale e per la qualità delle relazioni interpersonali.
In questo contesto, il ricorso al vittimismo e la tendenza alla negazione riflettono un complesso intreccio di meccanismi di difesa e di strategie comunicative indirette. Tali comportamenti passivo-aggressivi non solo evidenziano una difficoltà nell’affrontare direttamente le sfide e i conflitti interpersonali ma rivelano anche un profondo senso di vulnerabilità e di insicurezza che l’individuo fatica ad ammettere e a elaborare. Di conseguenza, la comparsa di atteggiamenti cinici, di malcontento e di tendenze litigiose, unitamente al rifiuto di riconoscere la presenza di problemi, sottolinea una modalità disfunzionale di gestione delle relazioni e delle emozioni che richiederebbe un’attenzione clinica mirata per favorire lo sviluppo di strategie relazionali più mature ed efficaci.
Individui caratterizzati da comportamento passivo aggressivo spesso manifestano sentimenti di invidia e risentimento nei confronti di coloro che percepiscono come più fortunati o avvantaggiati, mentre contemporaneamente esprimono lamentele continue e talvolta esasperate riguardo alle proprie sfide e difficoltà personali. Questo pattern comportamentale evidenzia una significativa lotta interna tra il bisogno di dipendere dagli altri per ottenere supporto o conferma e un forte impulso verso l’autoaffermazione e l’indipendenza.
Solitamente le persone con atteggiamento passivo aggressivo tendono solitamente a soffrire di una bassa autostima. Questo deficit si traduce in una notevole instabilità nelle loro decisioni che si manifesta con un’alternanza tra comportamenti provocatori e movimenti di pentimento e contrizione.
In contesti specifici, se inizialmente questi soggetti si oppongono con ostilità di fronte ad un compito assegnato, possono successivamente cambiare atteggiamento accettando di portarlo a termine in un clima di conflitto interno e incertezza.
Questa dinamica interiore si accompagna a una marcata instabilità emotiva, specialmente in condizioni di stress. Questo riflette una limitata capacità di adattarsi efficacemente alle mutevoli circostanze della vita quotidiana. La combinazione di questi aspetti – l’oscillazione tra desiderio di dipendenza e bisogno di autoaffermazione, l’apparente sicurezza contrapposta ad una scarsa autostima e la fragilità emotiva in contesti di stress – contribuisce a delineare un quadro complesso di vulnerabilità emotiva e comportamentale tipica degli individui con tendenze passivo-aggressive. Questi comportamenti, che riflettono tentativi disfunzionali di gestire sentimenti di inadeguatezza e frustrazione, evidenziano la necessità di un sostegno psicologico mirato a rafforzare l’autostima e lavorare su di sé.
All’interno delle dinamiche relazionali, una tattica frequentemente adottata da individui che esibiscono un comportamento passivo aggressivo mira a suscitare sentimenti di incertezza e colpevolizzazione nel proprio partner. Questa strategia si manifesta attraverso silenzi prolungati e intenzionali come risposta a parole o azioni percepite come sgradite o sentite come offensive. Invece di adottare un approccio comunicativo aperto, finalizzato a chiedere spiegazioni o chiarimenti per risolvere un malinteso o una questione in sospeso, il soggetto passivo-aggressivo opta per ritirarsi in una forma di isolamento comunicativo. Questo si traduce nel non rispondere a tentativi di contatto, quali chiamate telefoniche o messaggi, adottando una posizione di silenziosa inaccessibilità.
Questa condotta passivo-aggressiva è impiegata con l’intento specifico di punire l’altro provocando nel partner un senso di colpa e di disorientamento per il presunto torto commesso. La scelta di questa tattica riflette una modalità disfunzionale di gestione dei conflitti all’interno delle relazioni intime in cui il silenzio diviene uno strumento di manipolazione emotiva. Attraverso questo comportamento passivo-aggressivo, l’individuo cerca di esercitare controllo e potere sull’altro instillando dubbi e sentimenti di colpa senza affrontare direttamente la questione o esprimere apertamente il proprio disappunto.
In sintesi, il ricorso al silenzio come mezzo per generare sensazioni di dubbio e colpa nel partner rappresenta un chiaro esempio di comportamento passivo-aggressivo, impiegato con lo scopo di penalizzare e suscitare rimorso nell’altra persona. Questa strategia, benché possa offrire una temporanea sensazione di superiorità o vendetta all’individuo passivo-aggressivo, mina la fiducia e l’intimità della relazione: i conflitti, in realtà, vanno affrontati attraverso modalità comunicative più mature e costruttive.
Il fenomeno del comportamento passivo-aggressivo emerge in persone che optano per non esternare agli altri i propri desideri e sentimenti scegliendo invece di evitare la responsabilità che ci si assume quando si esprimono direttamente le proprie parole e azioni. Tale comportamento deriva da un bisogno profondo di “confinare” emozioni ed esigenze. Questo bisogno rappresenta un modello di risposta che spesso ha le sue radici nell’infanzia.
Le dinamiche familiari giocano un ruolo cruciale nell’instaurare questa modalità comportamentale. In particolare, negli ambienti in cui si scoraggia o si trascura l’insegnamento di una corretta gestione ed espressione delle emozioni, i bambini vengono “plasmati” a reprimere e negare i propri stati affettivi. Questo processo di interiorizzazione culmina nell’adozione di manifestazioni emotive alternative che pongono le basi per lo sviluppo di strategie relazionali passive-aggressive in età adulta.
In contesti familiari dove manifestare sentimenti come rabbia o delusione è considerato come inaccettabile o un tabù, il soggetto passivo aggressivo non può far altro che ricorrere a espressioni emotive alternative. Queste manifestazioni emotive alternative rappresentano tentativi di canalizzare tali emozioni in maniere socialmente più accettabili ma indirette e “sotterranee”. Di conseguenza, l’agire passivo-aggressivo si manifesta come un complesso di comportamenti che, pur mirando a comunicare disagio e insoddisfazione, si discosta dall’espressione aperta e diretta di tali stati emotivi riflettendo una difficoltà nell’affrontare e gestire in modo genuino le dinamiche interpersonali. Questo schema comportamentale, radicato in esperienze precoci e influenzato da contesti educativi che non promuovono un’espressione emotiva autentica, evidenzia la necessità di intervenire attraverso approcci terapeutici che mirino al riconoscimento e alla validazione delle emozioni represse promuovendo modalità di espressione più dirette e costruttive.
Interagire con individui che dimostrano comportamenti passivo-aggressivi può rappresentare una sfida significativa in diversi ambiti della vita sociale. Questo si verifica tanto nelle dinamiche lavorative quanto nelle relazioni interpersonali, come quelle con il partner, gli amici o i membri della famiglia, dove l’atteggiamento passivo-aggressivo può portare a conseguenze notevolmente negative.
La costruzione di un legame affettivo con una persona che presenta tratti passivo-aggressivi si rivela complessa, poiché le relazioni sentimentali presuppongono capacità di ascolto e comprensione dei bisogni altrui, una comunicazione trasparente dei propri stati emotivi, una predisposizione a non giudicare severamente il partner e la capacità di ottenere la sua fiducia. Tuttavia, queste sono esattamente le qualità che spesso scarseggiano in coloro che manifestano un atteggiamento passivo aggressivo: i soggetti con comportamento passivo aggressivo si mostrano freddi, temono il rifiuto o l’abbandono e appaiono emozionalmente instabili e contraddittori.
Queste persone tendono a mostrare un comportamento che fluttua tra la complicità e l’ostilità, tra sottomissione e testardaggine, rivelando talvolta un piacere “perverso” nel provocare il partner fino a farlo esplodere di rabbia, per poi mostrarsi sorpresi di tale reazione e chiedere spiegazioni per l’intensità della collera. Di fronte a personalità così strutturate, stabilire una relazione affettiva duratura e stabile diventa notevolmente complesso.
Analogamente, nel contesto lavorativo, la presenza di comportamenti passivo-aggressivi può generare problematiche su più fronti. Questi individui tendono a nutrire sentimenti negativi nei confronti dei propri superiori adottando atteggiamenti fortemente ambigui.
I soggetti con atteggiamento passivo aggressivo tendono a incolpare gli altri per insuccessi o obiettivi mancati, tendono a procrastinare gli impegni lavorativi e a gestire il tempo in maniera inefficace. Inoltre presentano una propensione a preferire la comunicazione scritta (come e-mail o note) rispetto al confronto faccia a faccia.
Per affrontare questi atteggiamenti lavorativi disfunzionali, sarebbe opportuno, ove possibile, incoraggiare il riconoscimento del lavoro svolto attraverso feedback positivi, esprimere apprezzamento per le attività completate, concedere margini di autonomia decisionale e includere l’individuo in riunioni di team che gli permettano di esprimere liberamente dubbi e preoccupazioni. Questi approcci possono contribuire a mitigare le dinamiche passivo-aggressive favorendo un clima di maggiore comprensione e collaborazione.
Quando il tratto passivo aggressivo inizia ad avere un impatto destabilizzante sulle dinamiche relazionali o sull’ambiente lavorativo, diventa fondamentale considerare l’opportunità di ricercare il supporto di uno psicoterapeuta.
Le persone che manifestano questa particolare forma di aggressività, spesso mascherata e non direttamente riconoscibile, possono non avere piena consapevolezza del loro comportamento e delle relative conseguenze di tale comportamento, rendendo quindi più complesso richiedere aiuto psicologico e mettersi in gioco in un successivo percorso terapeutico. Tuttavia, il confronto con un terapeuta specializzato rappresenta lo strumento più importante per acquisire una comprensione profonda dei comportamenti passivo-aggressivi e delle radici psicologiche che ne stanno alla base.
L’interazione con un professionista esperto fornisce un ambiente sicuro e non giudicante in cui esplorare le origini dei tratti comportamentali passivo-aggressivi offrendo allo stesso tempo strategie e tecniche mirate per affrontare e modificare tali schemi disfunzionali.
Attraverso il processo terapeutico, l’individuo passivo aggressivo viene guidato verso una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie modalità più funzionali. Questo percorso di crescita personale è cruciale per facilitare un cambiamento significativo di sé e delle relazioni.
In conclusione, affrontare il comportamento passivo aggressivo richiede un impegno consapevole e proattivo nel cercare aiuto professionale, in un percorso articolato di ricerca di un benessere psicologico più stabile e duraturo.
Il sostegno di un terapeuta qualificato diventa quindi un alleato insostituibile per adottare strategie comunicative più autentiche ed efficaci.
Dott. Davide Ivan Caricchi
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