Cuore e cervello, emozioni e logica: nella mia pratica clinica di psicologo online e di psicologo a Torino mi sono trovato innumerevoli volte di fronte a pazienti che, a vari livelli di inquietudine e gravità, si ritrovavano tormentati dal dilemma se seguire il cuore o il cervello di fronte ad importanti scelte di vita.
Nell’ambito della psicologia, si può spesso riscontrare come cuore e cervello non operino sempre in armonia ma interagiscano dinamicamente influenzando e talvolta dominando il processo decisionale.
Ogni individuo possiede una percezione unica del mondo, influenzata da una combinazione distintiva di temperamento, esperienze passate contesto attuale. Questo incontro tra variabili psicologiche e ambientali dà origine a un insieme inimitabile di pensieri ed emozioni. Queste componenti della psiche sono in costante flusso. Esse contribuiscono in maniera significativa all’evoluzione e allo sviluppo dell’identità personale di un individuo nel corso del tempo.
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ToggleNella psicologia clinica, il conflitto tra agire istintivamente o emotivamente (“ascoltare il cuore”) e prendere decisioni basate su un approccio più deliberato e logico (“seguire la testa”), ossia il cinflitto tra cuore e cervello, è un tema centrale. Tale conflitto tra cuore e cervello si radica nel modo in cui integriamo e bilanciamo le nostre emozioni con il pensiero razionale durante il processo decisionale.
Dal punto di vista psicologico, dare priorità a sentimenti, emozioni e intuizioni, ovvero “ascoltare il cuore”, significa prestare attenzione a questi indicatori interni che spesso riflettono valori profondi e verità personali. Le emozioni, in particolare, sono viste come indicatori chiave della nostra esperienza interna: esse forniscono informazioni cruciali su ciò che è significativo per noi. L’intuizione, che si manifesta spesso come una percezione immediata o una sensazione viscerale, può essere una guida efficace riflettendo la saggezza acquisita da esperienze passate e conoscenze provenienti dall’inconscio.
Per contro, “seguire la testa” implica un processo decisionale basato su logica, analisi critica e razionalità. Questo approccio enfatizza l’importanza di valutare oggettivamente le situazioni, pianificare in modo strategico e considerare le conseguenze delle azioni. Il pensiero razionale è essenziale per navigare efficacemente in contesti complessi e per risolvere problemi.
La sfida nella psicologia clinica consiste nel trovare un equilibrio tra questi due aspetti, in modo che emozioni e ragione possano coesistere e integrarsi armoniosamente. Un’integrazione efficace tra cuore e cervello richiede la capacità di riconoscere e rispettare le proprie emozioni, mentre si mantiene la capacità di pensare in modo critico e logico. Questo equilibrio consente decisioni più complete e soddisfacenti, che rispecchiano sia le esigenze emotive sia quelle razionali.
Inoltre, è importante notare che emozioni e razionalità non sono necessariamente in contrapposizione; possono collaborare per guidare decisioni che sono sia emotivamente soddisfacenti sia logicamente solide. In ogni situazione, è cruciale considerare il contesto e le circostanze individuali per determinare quale approccio potrebbe essere più appropriato.
Possiamo affermare che il dilemma tra cuore e cervello è una caratteristica intrinseca dell’esperienza umana. Nella pratica clinica, l’obiettivo non è tanto scegliere tra i due quanto piuttosto sviluppare la capacità di utilizzarli insieme creando un equilibrio che non generi troppo stress e che permetta una comprensione più profonda e delle decisioni più sagge.
Dal punto di vista della psicologia dello sviluppo, l’essere umano possiede un potenziale innato che è evidente sin dalla nascita e si manifesta attraverso un pensiero intuitivo, spontaneo e creativo, ancora non strutturato. Questo potenziale si esprime liberamente nei bambini, i quali, attraverso il gioco e l’esplorazione sensoriale, scoprono e interpretano il mondo. L’istinto guida questi primi approcci alla realtà e le esperienze vissute contribuiscono alla loro interpretazione del mondo. Durante questa fase, i bambini possono non essere ancora in grado di riconoscere e nominare correttamente le proprie emozioni.
Con l’avanzare dell’età, invece, si osserva spesso una riduzione del gioco e dell’immaginazione creativa. La spontaneità può acquisire connotazioni meno positive ed essere influenzata dalle norme e dalle aspettative sociali. È comune che gli individui adulti imparino a controllare o a reprimere le loro emozioni, in particolare quelle considerate socialmente inaccettabili o infantili. Questa tendenza è rafforzata dalla percezione che alcune reazioni emotive non siano adeguatamente controllate o accettate socialmente.
Inoltre, la difficoltà nell’accettare o gestire stati emotivi dolorosi, come per esempio ansia, paura, rabbia, depressione, spesso imprevedibili, può portare le persone a distanziarsi dalle proprie emozioni. Questo processo di distacco emotivo è una strategia di difesa volta a proteggere se stessi dalla sofferenza. Di conseguenza, gli individui possono iniziare a fare affidamento maggiormente sulla razionalità, considerata più affidabile e prevedibile, come mezzo per gestire le proprie esperienze e sentimenti. Questo spostamento dall’emotività alla razionalità rappresenta un tentativo di autoregolazione, in risposta alle complessità emotive e alle sfide dell’ambiente sociale.
Dal punto di vista della psicologia clinica, si rileva che in una società che enfatizza la logica e la razionalità, spesso a scapito dell’espressività emotiva e dell’istinto, si tende a reprimere qualsiasi impulso al cambiamento. La paura dell’ignoto spesso prevale.
Le funzioni cognitive come la previsione, l’organizzazione e, soprattutto, il controllo, che richiedono l’uso predominante della razionalità, sono comunemente valutate come superiori. Di conseguenza il cervello filtra le esperienze attraverso un processo di pensiero che limita lo spazio per le emozioni e i sentimenti, considerati meno controllabili e prevedibili e quindi di minor importanza.
Le persone tendono a evitare l’esplorazione e il cambiamento, preferendo la sicurezza delle abitudini e delle routine. Tuttavia, un approccio puramente logico può rivelarsi insufficiente per risolvere dubbi o problemi complessi. Può accadere che il pensiero razionale si blocchi conducendo il soggetto ad un senso di stallo o impasse.
In questi momenti diventa di fondamentale importanza aprire la mente alle emozioni e adottare un modo di pensare alternativo che possa esplorare nuove possibilità e offrire prospettive diverse. La creatività e la rottura degli schemi mentali convenzionali possono portare a risultati meno certi ma potenzialmente più promettenti.
Riconoscere e agire in base ai propri bisogni, invece di limitarsi a un pensiero razionale, implica spesso intraprendere azioni diverse dal solito. Questo approccio consente un’esplorazione più ampia del proprio potenziale e delle proprie opportunità, oltre a promuovere una maggiore integrazione tra pensiero razionale e emozionale.
Il legame tra cuore e cervello è mediato dai nervi cardiaci simpatici e parasimpatici. Questi nervi regolano la frequenza cardiaca in risposta ai comandi del cervello accelerandola attraverso il sistema simpatico e rallentandola attraverso il sistema parasimpatico.
Tradizionalmente, gli scienziati si sono concentrati in misura maggiore su come il cervello influenzi il cuore. Tuttavia, negli anni ’60 e ’70, i fisiologi John e Beatrice Lacey furono tra i primi a esplorare l’effetto inverso: come il cuore influisce sul cervello. Hanno scoperto che il cuore invia informazioni al cervello, influenzando significativamente la percezione e la reazione agli stimoli esterni. Quindi tra cuore e cervello c’è un’intensa comunicazione.
Successivamente, negli anni ’90, il neurocardiologo J. Andrew Armor propose il concetto di un “cervello” nel cuore, identificando un complesso sistema nervoso intrinseco al cuore costituito da circa 40.000 neuroni. Questi studi hanno suggerito che il cuore ha una modulazione più complessa e indipendente, capace di innescare processi fisiologici autonomi dal cervello. Nonostante il numero ridotto di neuroni rispetto a quelli del cervello, questo sistema è sufficientemente sofisticato da essere considerato un “piccolo cervello”. Queste scoperte cin informano sempre più su quanto cuore e cervello siano intimamente collegati.
Il sistema nervoso autonomo (SNA) trasmette informazioni dal cervello al cuore attraverso fibre nervose efferenti. Al contrario, ci sono anche fibre nervose afferenti che trasportano informazioni dal cuore al sistema nervoso centrale con una maggioranza (circa l’80%) di queste fibre appartenenti al ramo parasimpatico. Sorprendentemente, il cuore invia più informazioni al cervello rispetto ad altri organi giocando un ruolo cruciale in numerosi equilibri fisiologici.
La frequenza cardiaca riflette gli aggiustamenti che il cervello effettua in risposta a varie situazioni quotidiane, regolando l’organismo per un adattamento ottimale. Questi aggiustamenti sono diretti dal sistema simpatico e parasimpatico. Ciò solleva la questione fondamentale se tale equilibrio sia costantemente appropriato per le situazioni vissute dall’individuo.
Il sistema nervoso autonomo svolge un ruolo centrale nella regolazione delle funzioni corporee automatiche, tra cui la frequenza cardiaca. È interessante notare come questo sistema sia coinvolto non solo in risposta a sforzi fisici, ma anche in risposta a stimoli emotivi. Ad esempio, durante momenti di paura o ansia, è il sistema nervoso autonomo che scatena un aumento del ritmo cardiaco, un fenomeno noto come tachicardia. Questo rappresenta una risposta fisiologica ai cambiamenti emotivi in cui il corpo si adatta rapidamente alle nuove condizioni psicologiche preparandosi a potenziali situazioni di allerta o pericolo.
Oltre a queste reazioni immediate a stimoli emotivi, c’è un’interazione continua e complessa tra cuore e cervello. Studi recenti hanno mostrato che durante l’esperienza emotiva il flusso di informazioni tra cuore e cervello è spesso guidato dal cuore. Questo indica che il cuore non è solo un ricevitore passivo di segnali cerebrali ma svolge anche un ruolo attivo nel modulare l’esperienza emotiva.
In contrasto con questi periodi di attività emotiva, quando l’individuo si trova in uno stato di riposo, conosciuto in termini tecnici come “resting state”, il ruolo di cuore e cervello sembra invertirsi. Durante questi periodi, che si verificano tra un’emozione e l’altra, è il cervello a prendere il comando influenzando e guidando l’attività cardiaca.
Le ricerche indicano che nel processo di elaborazione emotiva esiste un momento in cui il cuore assume un ruolo predominante. In questo momento un significativo flusso di informazioni parte dal cuore e viaggia verso il cervello. Questo flusso ascendente di informazioni dal cuore al cervello è fondamentale nell’orientare e modulare l’esperienza emotiva complessa dell’individuo.
In sintesi, il legame tra cuore e cervello è dinamico e bidirezionale, con il cuore che non solo risponde agli input cerebrali ma, a sua volta, influenza attivamente l’attività cerebrale, soprattutto nel contesto delle emozioni. Questa comprensione più profonda della relazione tra cuore e cervello apre nuove prospettive sul modo in cui viviamo e interpretiamo le nostre esperienze emotive. Tali scoperte sottolineano l’importanza dell’integrazione tra i sistemi fisiologici e psicologici nel corpo umano.
Nell’ambito della psicologia clinica, possiamo affermare con un certo livello di convinzione che cuore e cervello, pur seguendo percorsi distinti, hanno il potenziale per “collaborare” e interagire armoniosamente per raggiungere un equilibrio psicofisico nella persona. È importante riconoscere che un disequilibrio tra questi due elementi fondamentali (cuore e cervello, appunto) può portare a varie forme di disagio e frustrazione.
Da una parte, la mente, governata dalla razionalità e dal pensiero logico, tende a privilegiare i ragionamenti e le analisi, a volte a scapito delle emozioni e dei sentimenti. Questo squilibrio può portare a una carenza di spontaneità e di desiderio generando un’esperienza di vita che può sembrare priva di autenticità emotiva e di passione.
Dall’altra parte, il cuore, simbolo delle emozioni e dei sentimenti, quando assume un ruolo dominante nell’interazione tra cuore e cervello, può condurre a decisioni impulsive e irrazionali esponendo l’individuo a potenziali sofferenze o pericoli sproporzionati. Quando l’azione prevale in maniera esagerata sul pensiero, si hanno delle condotte troppo impulsive che possono talvolta avere delle conseguenze nefaste sulla qualità delle relazioni. L’eccessiva emotività può rendere difficile il mantenimento di una visione oggettiva e bilanciata della realtà.
L’obiettivo del benessere psicofisico richiede quindi un equilibrato incontro e confronto tra la razionalità e l’emotività. Tali componenti non dovrebbero essere viste come forze contrapposte ma piuttosto come elementi complementari della psiche umana. È utile immaginare il razionale e l’emotivo come due binari paralleli di un treno: pur non incrociandosi mai, entrambi sono essenziali per permettere al treno di procedere verso la sua destinazione.
Sebbene sia consigliabile non prendere decisioni cruciali esclusivamente sull’onda emotiva, integrare l’istinto e l’ascolto della propria parte emotiva nella vita quotidiana può arricchire l’esperienza umana rendendola più spontanea e gratificante.
Cuore e cervello possono sembrare in conflitto ma imparando ad ascoltare entrambi, si può sviluppare una maggiore consapevolezza di sé. Questo approccio consente di prendersi cura del proprio benessere in modo più completo soddisfacendo le proprie esigenze sia a livello razionale sia emotivo. La chiave sta nel trovare un punto di equilibrio dove cuore e cervello possano coesistere in armonia fornendo una guida bilanciata per la vita.
Dott. Davide Ivan Caricchi
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