L’articolo sulla sindrome di Procuste è stato scritto da Giusy Evelin Licata, Laureanda in Psicologia Clinica.
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ToggleTu sai chi era il crudele Procuste? Grazie alla mitologia greca sappiamo, che Procuste era un locandiere che gestiva una
taverna fra le colline di Attica. Lì, offriva alloggio ai viandanti.
Nella sua piccola taverna Procuste possedeva un letto assai curioso dove invitava tutti i
viaggiatori a passare la notte.
Durante la notte, quando i malcapitati dormivano, ne approfittava per imbavagliarli e legarli.
Se la vittima era più alta e piedi, mani e testa le sporgevano dal letto, procedeva a tagliarli.
Se la persona era più bassa, la stirava rompendole le ossa per far quadrare le misure. Scopriamo qualcosa di più di questo personaggio.
Procuste, questo personaggio oscuro, perpetrò le sue azioni macabre per anni, finché non giunse un
uomo: Teseo. Si narra che, quando Teseo scoprì ciò che quel sadico faceva di notte, decise
di sottoporre Procuste allo stesso supplizio che imponeva a tutte le sue vittime. Da questa
storia nasce il famoso e diffuso proverbio che recita quanto segue: “Fa’ attenzione, ci sono
persone che, quando vedono che hai idee diverse o che sei più brillante di loro, non ci
pensano due volte a metterti sul letto di Procuste”.
Possiamo a mio avviso comparare il comportamento di Procuste alla famosa e ormai tanto
discussa personalità narcisistica.
Sappiamo che la personalità narcisistica è ormai da secoli affiancata al concetto di “Sé
Grandioso” che comprende sintomi come: egocentrismo patologico, aspetti di personalità che danno importanza e
idealizzano il proprio sé, egoismo, con conseguente deficit nel provare empatia verso il
prossimo e relativa a costruzione di rapporti interpersonali fondati sullo sfruttamento, sulla
manipolazione e sulla svalutazione degli altri.
Ma cosa si cela dietro questo “Sé grandioso”? Perché sfrutta, manipola gli altri e li svaluta,
se è tanto sicuro di sé?
In realtà il nucleo più intimo della personalità narcisista, consiste in un mix di invidia e
vergogna.
Quindi l’apparente ipervalutazione del Sé, propria di questi soggetti, è soltanto uno
strumento compensativo con cui l’Io cerca di supplire all’autostima fragile e frammentata tipica
di questa personalità.
L’invidia è il motore che alimenta il narcisismo.
L’invidia genera una dimensione relazionale che vede l’altro come un nemico, una minaccia,
oggetto da depredare di tutti gli aspetti buoni che possiede e di cui il narcisista vuole
impossessarsi a sua volta. Tale avidità nasce perché il narcisista non vorrebbe possedere
ciò che invidia ma vorrebbe piuttosto che fosse l’altro a non possederlo.
Il narcisista desidera distruggere più ancora che possedere.
Infine, altra componente che va caratterizzare le personalità narcisistiche è la vergogna.
Dietro la maschera di egocentrismo e superiorità si cela in realtà un bambino spaventato e
fragile. Il nucleo della sua problematica consiste proprio nell’impossibilità/incapacità di conoscere
se stesso e di prendere contatto con la sua parte più debole e vulnerabile.
L’adulto narcisista è stato un bambino fragile e sensibile che ha dovuto creare, a seguito
delle continue richieste dei genitori, un “falso sé”. Il falso sé va inteso come una seconda
personalità che si prefigge lo scopo di meritare l’amore dei propri genitori, amore che non era
mai dato incondizionatamente: esso veniva elargito a condizione che il proprio figlio fosse
esattamente come lo si voleva. L’adorazione che uno o più adulti significativi dimostravano
per il bambino non si accompagnava cioè alla comprensione dei suoi bisogni emotivi e dei
suoi reali desideri: come se non fosse tanto il bambino ad essere amato, quanto la sua
particolare capacità e i suoi successi nell’aderire alle aspettative degli adulti di riferimento.
Dott. Davide Ivan Caricchi
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