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Scritto dal Dott. Davide Caricchi
Scritto il 7 Ott, 2024
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L’abbandono genitoriale

L’abbandono genitoriale è un’esperienza che può lasciare tracce profonde e durevoli nell’animo di chi la vive. È una ferita invisibile che incide sulle radici della nostra sicurezza minando la fiducia nelle relazioni e nel mondo. Questo tipo di esperienza non riguarda solo un’assenza fisica ma può manifestarsi attraverso un vuoto emotivo, una distanza affettiva che trasforma la presenza in una sorta di assenza mascherata.

Chi ha vissuto l’abbandono genitoriale spesso descrive un senso di vuoto interiore, come se mancasse un pezzo essenziale per sentirsi completi e sicuri di sé. Quella mancanza, quel senso di perdita, si insinua nella psiche influenzando il modo in cui ci si percepisce e in cui si costruiscono legami con gli altri.

Non di rado, chi è stato vittima di questo fenomeno sviluppa la sensazione di non essere mai abbastanza, di dover continuamente cercare conferme per colmare una carenza di amore primario. Anche l’autostima può risentirne: un’importante perdita di autostima può alimentare dinamiche di autosvalutazione e difficoltà nel riconoscere il proprio valore. L’abbandono, in sostanza, getta un’ombra lunga e persistente che può accompagnare la persona lungo l’intero ciclo di vita.

L’esperienza precoce dell’abbandono genitoriale tende a lasciare un’impronta indelebile nel bambino, un segno che rischia di persistere e condizionare l’intero sviluppo psicologico. Spesso, sia il bambino che l’adulto che verrà interpretano tale vissuto come una conferma della propria inadeguatezza e mancanza di valore intrinseco. Questo genera una frattura profonda nel senso di autostima e autoefficacia.

L’abbandono da parte di una figura genitoriale primaria è un evento complesso e difficile da elaborare per la mente infantile. Questa difficoltà può ostacolare il normale processo di sviluppo del Sé rendendo ardua la possibilità di costruire un’identità sana e di attraversare le tappe evolutive senza incorrere in sofferenze emotive ricorrenti e pervasive.

Che cos’è l’abbandono genitoriale?

Prima di discutere delle conseguenze legate all’abbandono genitoriale, è necessario chiarire che non tutte le situazioni di assenza di una figura genitoriale possono essere definite come abbandono genitoriale.

L’assenza di un genitore che non è mai stato parte della vita del minore, come nel caso di una madre single per scelta, non rientra infatti nella definizione di abbandono genitoriale. Analogamente, nelle famiglie composte da coppie dello stesso sesso, non si può considerare l’assenza di una figura di genere opposto come un caso di abbandono genitoriale.

Peraltro, gli studi dimostrano che crescere in una famiglia monogenitoriale o omogenitoriale non comporta un impatto negativo significativo sullo sviluppo del bambino.

Le statistiche mostrano che il tasso di abbandono genitoriale rimane elevato in molte aree del mondo, specialmente in alcune regioni dell’America Latina. Le cause possono essere ricondotte a problematiche di natura sociale come la disoccupazione e la povertà, mentre in altri contesti la cultura svolge un ruolo determinante: in alcune comunità, l’allontanamento del padre, soprattutto in seguito a gravidanze indesiderate tra adolescenti, è spesso considerato un evento relativamente comune e socialmente accettato.

Quando si parla di abbandono genitoriale, si fa riferimento non solo alla scomparsa fisica del genitore dalla vita del bambino dopo un periodo di presenza ma anche a una forma di abbandono psicologico o simbolico. Questo si verifica quando il genitore, pur rimanendo fisicamente presente, è incapace di stabilire un legame affettivo con il figlio trascurando in modo sistematico i suoi bisogni emotivi, essendo costantemente impegnato in altre attività o semplicemente non partecipando attivamente alla vita del minore.

Quali sono le principali forme di abbandono genitoriale?

Esattamente come esistono molteplici modalità per accompagnare un bambino nel suo percorso di crescita, vi sono altrettanti modi attraverso cui un genitore può, consapevolmente o meno, prenderne le distanze. Il genitore assente è, per definizione, colui che lascia l’altro caregiver — che sia la madre o il padre — a gestire in solitudine l’educazione del figlio, sia sul piano fisico che psicologico. Non si preoccupa di contribuire né economicamente né nel quotidiano rimanendo indifferente ai bisogni pratici ed emotivi del bambino.

Vi sono poi genitori che, pur essendo presenti sul piano fisico, attuano un abbandono psicologico. Spesso, per esempio, si considerano non coinvolti nella crescita del figlio delegando interamente alla madre la responsabilità educativa.

Sebbene condividano lo stesso spazio abitativo, non interagiscono con il bambino, non comunicano con lui e ignorano quasi del tutto il suo mondo interiore e il suo percorso di vita. Questi genitori, in sostanza, limitano la propria partecipazione al semplice sostentamento economico, senza stabilire alcun legame affettivo.

Vi è infine una terza tipologia di abbandono genitoriale, in cui il genitore è fisicamente distante ma cerca di mantenere un legame emotivo.

Questo accade spesso quando, per motivi personali o familiari, il genitore forma una nuova famiglia o vive lontano ma continua a preoccuparsi del benessere del figlio cercando di essere informato su ciò che accade nella sua vita. Sebbene non possa dedicargli la presenza che vorrebbe, rimane comunque affettivamente coinvolto dimostrando di avere a cuore il figlio, anche se in una forma meno tangibile.

Quali sono gli effetti dell’abbandono genitoriale?

Ogni forma di abbandono genitoriale comporta conseguenze specifiche che variano in base alle caratteristiche di temperamento del bambino e alla capacità del genitore rimanente di affrontare la situazione con equilibrio. La reazione del genitore che rimane è cruciale nel definire il modo in cui il bambino percepirà e vivrà questa esperienza: spiegare con sensibilità e senza cadere nella drammatizzazione può aiutare il bambino a sviluppare risorse per crescere senza sentirsi costantemente dipendente dall’affetto della persona che è venuta meno.

Nel caso di totale abbandono da parte di un genitore, il bambino potrebbe incontrare difficoltà nel corso dello sviluppo maturando dubbi profondi riguardo al proprio valore e al significato dell’essere amato. Tali vissuti possono tradursi in emozioni complesse e difficili da elaborare.

Qualora la figura del genitore mancante venga parzialmente sostituita da un’altra figura adulta di riferimento, l’impatto psicologico può essere meno destabilizzante e il bambino può gradualmente trovare nuovi punti di stabilità affettiva.

Tuttavia, quando l’assenza del genitore determina una relazione esclusiva e simbiotica con il caregiver che è rimasto, possono emergere dipendenze affettive significative.

Questo può limitare l’esplorazione autonoma del bambino e ostacolare la sua capacità di ampliare i propri orizzonti e di sviluppare una fiducia solida nelle proprie competenze portandolo a sperimentare un senso di isolamento e di esclusione. È importante evitare che il genitore presente cerchi di sostituire entrambe le figure genitoriali, poiché ciò rischia di accentuare il senso di abbandono.

Infine, l’assenza di un padre o di una madre può generare una ferita emotiva profonda, soprattutto nelle fasi evolutive più precoci, una ferita che lascia un vuoto difficile da colmare. Le tracce di questo vuoto rischiano di perdurare nel tempo rendendo complesso il processo di adattamento alla realtà e alle relazioni future.

Come si concretizza l’abbandono nei bambini?

Come già accennato, l’abbandono genitoriale nei bambini non si limita alla dimensione fisica, ossia non si verifica esclusivamente quando un genitore si allontana definitivamente o in seguito a un evento luttuoso. Il bambino può percepire un abbandono genitoriale anche quando le sue esigenze fisiche ed emotive non vengono adeguatamente soddisfatte.

In questi casi, il vissuto dell’abbandono è assimilabile a un lutto, poiché implica una perdita che destabilizza profondamente l’equilibrio psicofisico del bambino minando la sua capacità di sviluppare un senso di sicurezza di base e alimentando la percezione di non essere abbastanza o di non meritare amore.

La sindrome dell’abbandono, sebbene non venga formalmente classificata come fobia o disturbo clinico, può generare uno stato di angoscia intensa e prolungata che in alcune circostanze si traduce in forme di disagio più strutturato, come dipendenze comportamentali o depressione.

Le radici dell’abbandono genitoriale possono derivare da eventi traumatici reali, quali lutti e separazioni da una figura genitoriale significativa ma anche dalla qualità della relazione e dallo stile di attaccamento che i genitori instaurano con il bambino. Gli stili di attaccamento, elaborati da John Bowlby, costituiscono infatti il fondamento del modo in cui il bambino impara a relazionarsi con il mondo, e sono determinati dalla qualità delle prime interazioni con le figure di riferimento.

Il legame di attaccamento si sviluppa come risultato delle risposte del genitore alle richieste del bambino e, a seconda della qualità di tali risposte, si costruiscono schemi relazionali che saranno più o meno funzionali per il bambino. Se il genitore risponde ai bisogni del bambino in modo sensibile e coerente, il piccolo svilupperà un attaccamento sicuro acquisendo una buona autostima e un senso di fiducia verso se stesso e gli altri.

Al contrario, se il genitore si mostra distante, imprevedibile o ipercritico, il bambino potrà sviluppare un attaccamento evitante o ansioso che lo predispone a una serie di difficoltà tra cui la paura dell’abbandono e la scarsa fiducia nelle relazioni interpersonali.

Determinati comportamenti, quali la repressione dell’espressione emotiva del bambino, il metterlo in ridicolo o l’imposizione di regole eccessivamente rigide, rischiano di compromettere il legame con il bambino aggravando il senso di isolamento emotivo e alimentando la percezione di un abbandono genitoriale simbolico.

Cosa succede quando l’abbandono si sperimenta da adulti?

L’abbandono vissuto in età adulta non si manifesta, naturalmente, in relazione ai propri genitori, ma può emergere in contesti di rottura affettiva, come nel caso di una separazione dal partner o in seguito a un lutto. Anche in assenza di un pregresso abbandono genitoriale durante l’infanzia, l’esperienza traumatica dell’abbandono può comunque manifestarsi in età adulta quando si perde una figura di riferimento significativa.

Questo tipo di trauma può ripercuotersi profondamente sulle dinamiche relazionali future dell’individuo, che si tratti di rapporti professionali, amicali o romantici. L’angoscia derivante dall’abbandono in età adulta rischia di generare ansie abbandoniche che possono compromettere la qualità delle future relazioni alimentando un costante timore di perdere l’altro, anche quando la relazione sarebbe potenzialmente stabile e appagante.

Quali sono i sintomi tipici del trauma dell’abbandono?

La paura dell’abbandono può manifestarsi attraverso una serie di sintomi comportamentali che influiscono direttamente sulle dinamiche relazionali determinando atteggiamenti poco funzionali. Tra questi, possiamo osservare la tendenza a dare eccessivamente all’altro senza mai esplicitare i propri bisogni, così come il cercare di evitare a ogni costo qualsiasi tipo di conflitto o disaccordo, nella speranza di mantenere una relazione stabile.

La persona che vive la paura dell’abbandono può inoltre sperimentare invidia nei confronti di altre relazioni, avere una bassa autostima e sentirsi insicura all’interno della coppia, o manifestare difficoltà a stabilire un’intimità emotiva autentica. Un altro segnale distintivo è il bisogno di controllo nei confronti del partner che può tradursi in gelosia e possessività. In alcuni casi, tali vissuti sfociano in una dipendenza affettiva connotata dal bisogno incessante di rassicurazioni e conferme.

Tutti questi comportamenti sono orientati a prevenire l’eventualità che l’altro possa allontanarsi, stancarsi o criticare il rapporto cercando di mantenere una relazione che non esponga al rischio dell’abbandono.

Tuttavia, il tentativo di costruire un legame perfetto e privo di tensioni spesso porta a mascherare la propria autenticità e a creare una relazione priva di autenticità, basata su atteggiamenti e comportamenti artificiosi. Il paradosso della paura dell’abbandono risiede proprio nella possibilità che queste relazioni, costruite su basi instabili e su falsi presupposti, siano destinate a concludersi, confermando inconsciamente la stessa paura che si cercava di scongiurare.

Come riconoscere l’ansia e la paura abbandonica?

La paura dell’abbandono spesso si manifesta attraverso comportamenti disfunzionali all’interno delle relazioni, accompagnati da un’intensa ansia emotiva e uno stato di angoscia che trovano le loro radici in esperienze traumatiche del passato. Questi vissuti possono essere collegati a episodi di abbandono genitoriale, dove la mancata presenza affettiva o fisica del genitore ha lasciato un’impronta profonda.

In età adulta, tale paura può esprimersi attraverso il costante timore che il partner possa abbandonare la relazione in qualsiasi momento generando un senso di solitudine e la convinzione che si rimarrà soli per il resto della vita. L’ansia abbandonica, alimentata da queste preoccupazioni, finisce per compromettere prima l’equilibrio psicologico individuale e successivamente il benessere della coppia.

Questi sentimenti, se non adeguatamente affrontati, possono dar luogo a manifestazioni cliniche come attacchi di panico, esplosioni di rabbia e, nei casi più gravi, stati depressivi. Spesso, alla base di questa angoscia c’è una bassa autostima e la percezione di non essere degni di amore, convinzioni che possono derivare anche da un abbandono genitoriale non risolto.

Di conseguenza, la persona può adottare comportamenti volti a evitare la separazione, come cercare in modo ossessivo di compiacere il partner reprimendo i propri bisogni, generando pensieri intrusivi e gelosia e sforzandosi di rendere la relazione “perfetta” a ogni costo.

Qualsiasi problema o conflitto che si presenta all’interno della coppia viene vissuto come una conferma di inadeguatezza e colpevolezza che alimenta un circolo vizioso che porta a una dipendenza patologica dalla relazione e dal partner.

Questi atteggiamenti, anziché stabilizzare la relazione, finiscono per deteriorarla ulteriormente creando un contesto disfunzionale che diventa insostenibile. La persona che vive con l’angoscia di essere abbandonata percepirà ogni difficoltà come una conferma del proprio senso di indegnità e della convinzione di non essere amabile. In tali situazioni, diventa cruciale intraprendere un percorso terapeutico con uno psicologo.

La terapia permette di esplorare e curare la ferita dell’abbandono favorendo la ricostruzione dell’autostima e l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del proprio valore. Attraverso il lavoro terapeutico si può apprendere a riconoscere e accettare l’amore che gli altri offrono superando l’ansia abbandonica e sviluppando relazioni più equilibrate e appaganti.

Come trattare gli effetti dell’abbandono genitoriale?

Nel trattamento psicodinamico e nel trattamento psicodinamico online degli effetti dell’abbandono genitoriale, l’obiettivo principale è quello di esplorare e comprendere le radici profonde del trauma, per consentire al paziente di elaborare i sentimenti di perdita e di inadeguatezza che ne derivano.

Il percorso terapeutico si concentra sull’analisi del legame primario con il genitore, spesso connotato da un vissuto di mancata sicurezza e instabilità affettiva. In seduta, il terapeuta incoraggia il paziente a entrare in contatto con le emozioni rimosse o negate, come la rabbia, il dolore e il senso di colpa, e a comprendere come questi stati affettivi abbiano influenzato la costruzione della propria identità e delle relazioni successive.

Attraverso il processo di transfert, il paziente può rivivere le dinamiche affettive originarie e i modelli relazionali appresi, quali la tendenza a evitare l’intimità o a ricercare costantemente approvazione e rassicurazione. Questo permette di portare alla luce conflitti inconsci e di modificare i modelli disfunzionali di risposta affettiva. L’interpretazione dei sogni e delle associazioni libere aiuta a svelare i desideri inconsci e i fantasmi legati all’abbandono genitoriale.

L’obiettivo ultimo è la rielaborazione del trauma dell’abbandono genitoriale che permette al paziente di sviluppare un Sé più coeso e un nuovo senso di sicurezza interiore. In tal modo, si favorisce una maggiore libertà emotiva e la capacità di instaurare relazioni affettive più autentiche e appaganti, meno condizionate dalla paura di essere nuovamente abbandonati.

 

 

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