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Scritto dal Dott. Davide Caricchi
Scritto il 27 Lug, 2018

Lo psicologo online e il ruolo del telefono

A partire da questo articolo, avrà inizio tutta una serie di lavori e riflessioni, con riferimento ai contributi dei più importanti studiosi del settore, sul ruolo dello psicologo online e di tutti gli strumenti (più o meno tecnologici) a sua disposizione per espletare al meglio il lavoro relativo a percorsi psicologici e psicoterapeutici.
Anche in ambito psicoanalitico, col passare del tempo, sono state sollevate molteplici questioni riguardo l’uso di strumenti quali il telefono e Skype in terapia.
Giusto per puntualizzare, la psicoanalisi è un’importante tecnica esplorativa e psicoterapeutica fondata da Sigmund Freud che ha come obiettivi rendere conscio l’inconscio, elaborare le resistenze al cambiamento, creare le condizioni più favorevoli per il funzionamento dell’Io.

Il lavoro dello psicologo online: limitazioni nella comunicazione implicità?

Una questione importante è senza dubbio la seguente: possono essere soddisfatti i criteri essenziali per lo svolgimento di un buon processo psicoterapeutico quando passiamo a modalità di comunicazione tecnologiche quali Skype o il telefono? Nella misura in cui l’azione terapeutica è fondata sulla comunicazione implicita, procedurale e non verbale, l’intero corpo è implicato nel dialogo psicoterapeutico o analitico. Quindi, da questo punto di vista, a differenti livelli e in misura diversa, le nuove tecnologie limiterebbero l’accesso al linguaggio corporeo e a parte della comunicazione non verbale. Secondo Mary Bayles (2012), anche quando la webcam di Skype offre accesso visivo ai pazienti, la qualità e l’impatto delle informazioni comunicate tra le varie modalità di senso, sarebbero smorzate, così come la qualità delle informazioni scambiate col registro non verbale.
Shaun Gallagher (2005) sostiene che, a causa del collegamento cross-modale tra i sensi visivi e propriocettivi, quando vediamo qualcuno lo “vediamo” con tutto il nostro cervello. Cosa significa questo?… significa che noi usiamo tutto il nostro corpo per “vedere” la persona con cui ci confrontiamo in psicoterapia o in psicoanalisi. Poiché psicoterapia e psicoanalisi utilizzano sempre di più la tecnologia, dobbiamo considerare le ripercussioni di tali strumenti e soprattutto su come le limitazioni alle informazioni comunicate dal corpo influenzino il dialogo psicoterapeutico/psicoanalitico.

Lo psicologo e il telefono…prospettive per il futuro…

In “Nota sul telefono come aiuto tecnico” del 1951 di Saul, un avveneristico e prezioso articolo che intraprende una prima esplorazione dell’uso della tecnologia televisiva (quello che in futuro sarà Skype…) nella terapia psicoanalitica, lo studioso immagina che i futuri analisti avrebbero dovuto cimentarsi con tale “medium” comunicativo. Il saggio di Saul, descrivendo l’uso del telefono come uno strumento tecnico estremamente utile in ambito psicoterapeutico che aiuta il paziente a superare i problemi legati ad intense reazioni transferali (ossia le forti emozioni che si vengono a creare ad inizio trattamento nei confronti del terapeuta), inizia un lento lavoro nella sua pratica dove il telefono assume sempre più un ruolo importante. Negli anni successivi, pochi altri ricercatori si cimentarono nello studio di queste forme di comunicazione “alternative” in ambito analitico e psicoterapeutico.
Tuttavia, a cavallo tra il XX e il XXI secolo inizia ad affiorare un numero significativo di pubblicazioni a tal proposito, con lo scopo di concettualizzare l’uso del telefono nel lavoro psicoterapeutico (Zalusky 1998, 2000, Aronson 2000, Lindon, 2000, Spiro e Devenis 2000, Plummer e Stark 2000, Richards 2001, Leffert 2003, Moses 2005). Qualcosa inizia a muoversi…ci si inizia a confrontare in maniera più concreta.
In molti casi, nella pratica clinica, il paziente stesso ha iniziato a richiedere l’uso del telefono. Dall’altro lato si registrava una resistenza attiva da parte del terapeuta a prendere in considerazione questo strumento di comunicazione, considerato “inferiore” nell’ambito del lavoro terapeutico. Mettendo in discussione l’idea che la perdita di informazioni visive attraverso il telefono “creasse un ostacolo così insormontabile per il lavoro psicoteraputico, Spiro e Devenis (2000), insieme ad altri studiosi (Robertiello 1972, Plummer e Stark 2000)
Leffert 2003) evidenziano risultati positivi e sorprendenti nell’utilizzo della terapia tramite comunicazione telefonica. Infatti, coerentemente con l’affermazione che viene spesso utilizzata per giustificare l’uso del lettino, Spiro e Devenis sostengono che l’assenza di segnali visivi e non verbali può in alcune circostanze rendere il telefono addirittura una forma superiore di trattamento.
Siamo agli inizi della scoperta di un mondo di nuove comunicazioni che nel campo psicologico può venirci in aiuto e non rappresentare un ostacolo…

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