Nell’articolo precedente si è approfondito il principale meccanismo di difesa implicato nella depressione, ossia l’introiezione…e si è detto che tale meccanismo consiste nell’interiorizzazione delle caratteristiche più negative e fastidiose di una vecchia figura di riferimento che si è amata tanto. A tal proposito, è necessario fare una precisazione, onde evitare di scorgere esclusivamente nelle figure genitoriali o nei familiari l’origine della depressione…la questione può essere molto più delicata e complessa!… se un individuo depresso ha introiettato aspetti negativi e odiosi di una figura di riferimento che ama, questo non vuol dire necessariamente che la persona interiorizzata sia realmente negativa e odiosa. Spieghiamo meglio la questione con un esempio…
Pensiamo ad un bambino che si sente trascurato e non amato da un papà che invece lo adora e si prende cura di lui… e che però, per motivi di lavoro, è dovuto restare lontano da casa per parecchio tempo oppure è stato a lungo in ospedale per una grave malattia. Il bambino proverà rabbia per tale abbandono, anche se il papà non ha nessuna colpa di tutto ciò… Al tempo stesso però, questo bambino proverà anche affetto per il padre e criticherà se stesso per non averlo amato a sufficienza quando era presente. È un fenomeno psicologico sottile che però nel tempo avrà delle conseguenze di tipo depressivo. Il bambino, per natura, proietta (butta fuori) le sue emozioni negative sulle persone di riferimento (quasi sempre i genitori) che lo “abbandonano”…indipendentemente dal fatto che l’abbandono sia stato reale o meno…e immagina che siano arrabbiati con lui. Cosa succede a questo punto?… l’idea che la mamma o il papà siano arrabbiati con lui è inaccettabile per il bambino…questa immagine viene espulsa dalla coscienza e si trasforma in una parte cattiva di sé… In concreto, il bambino fa questo tipo di operazione mentale inconscia: “Non sono mamma e papà ad avermi abbandonato…sono io che ho fatto il cattivo e non merito il loro amore”.
Il bambino quindi supera queste esperienze di perdita e abbandono idealizzando la figura di riferimento perduta incorporando tutti gli aspetti negativi che diventano parte integrante del proprio sé. Queste fenomeno genera la convinzione di essere cattivi, di aver allontanato la persona amata per colpe proprie… e che per poterla riavere con sé è necessario “correggere” la propria “malvagità”. Tale dinamica è all’origine della depressione, dove la rabbia, un’emozione che tutti noi proviamo, viene rivolta esclusivamente verso di sé…perché se viene rivolta verso l’altro il rischio è quello di perderlo inesorabilmente… È abbastanza intuibile che con l’utilizzo massiccio dell’introiezione la persona depressa manifesterà una notevole resistenza a riconoscere e mettere in atto sentimenti di ostilità…un esempio eloquente è dato da quei soggetti che continuano a convivere con partner violenti e abusanti maturando la convinzione secondo cui basta essere più buoni e comprensivi per smettere di essere maltrattati.
Se un depresso esce da esperienze di perdita o separazione che hanno fatto soffrire molto, crederà che sia stata la propria cattiveria a provocare questa “catastrofe”…a questo punto, egli farà di tutto per provare solo sentimenti positivi verso la persona amata, ormai andata perduta…
In un’ottica di percorso psicologico, sarà fondamentale non solo analizzare le origini e le cause di questo uso massiccio dell’introiezione, ma anche effettuare un lavoro accurato di rafforzamento dell’autostima e di riconoscimento della propria rabbia e ostilità. Provare ostilità non significa necessariamente allontanare gli altri… significa anche far valere le proprie ragioni e confrontarsi in maniera adulta con gli altri…anche con le persone che si amano di più…
Nel prossimo articolo approfondiremo gli altri meccanismi di difesa messi in atto nell’ambito della depressione.
Dott. Davide Ivan Caricchi
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