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Scritto dal Dott. Davide Caricchi
Scritto il 8 Ago, 2024
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“Occhio non vede cuore non duole”: il diniego e le sue conseguenze

In diversi articoli abbiamo affrontato il delicato tema dei meccanismi di difesa, e il diniego costituisce uno dei meccanismi principali. Abbiamo potuto vedere come tali operazioni psichiche ci consentano di ridurre ansia e angoscia di fronte a turbamenti provenienti dal mondo esterno.

Queste operazioni pertanto sono per la maggior parte protettive, ci difendono da condizioni di profonda sofferenza. Tuttavia, se alcuni meccanismi di difesa vengono utilizzati (per lo più inconsciamente) in maniera massiccia, produrranno un irrigidimento della personalità e delle modalità di relazionarsi con gli altri, con conseguente compromissione della qualità della vita.

Il meccanismo di difesa che andremo ad approfondire oggi è un meccanismo arcaico, nel senso che viene messo in atto sin dalla più tenera età e presenta delle evidenti funzioni protettive: il diniego. Tuttavia, se il diniego viene usato in modo disfunzionale, può avere delle conseguenze negative dal punto di vista psicologico.

Che cos’è il diniego?

Tutti gli psicologi e gli psicologi online si sono confrontati in terapia con pazienti che mettevano in atto il meccanismo difensivo del diniego. Ma che cos’è nello specifico?

Il diniego è una difesa con cui l’individuo si sottrae dal riconoscere emozioni, vissuti, esperienze spiacevoli, aspetti di sé inaccettabili.

Il bambino piccolo impara ad utilizzare questa operazione psichica sin da subito, in quanto è una delle prime modalità per affrontare le esperienze penose rifiutandosi di accettare che si verifichino: è come se il bambino piccolo, nel suo mondo interno ancora arcaico e magico, pensasse: “Se nego l’esistenza di una cosa brutta che mi fa star male, allora cessa di esistere”.

Esso è un meccanismo arcaico che conserviamo per tutta la vita e che adottiamo sistematicamente tutti noi in svariate situazioni.

Proviamo ad immaginare come reagiamo quando riceviamo una terribile notizia: quando per esempio ci viene comunicata la morte di un familiare o di un amico, la prima risposta che diamo è sempre “Oh, no!”.

Tale risposta è indicativa di un processo psichico “antico” che ha origine, come accennato già in precedenza, nell’egocentrismo infantile che induce il bambino a maturare la seguente convinzione primitiva: “Se non riconosco quella cosa, allora quella cosa non capita”. È una convinzione riconducibile al “pensiero magico” tipico dei bambini piccoli, ma che molti adulti inconsapevolmente portano con sé per il resto della loro vita strutturando in tal senso il loro modo di funzionare psichicamente.

                                        

Diniego nella vita quotidiana e nella psicopatologia

Sia ben chiaro: molti di noi utilizzano il diniego anche in situazioni non gravi. Il diniego aiuta alcune persone ad avvertire la vita come meno penosa: se nego qualche problema fisico che mi affligge oppure qualche evento passato che ha condizionato la mia vita, posso affrontare la giornata in maniera più positiva.

Altre persone ricorrono al denegare per evitare manifestazioni di sofferenza. Per esempio alcuni individui, una volta feriti nei sentimenti, invece che piangere (perché magari il contesto non è appropriato) negano i loro sentimenti feriti non riconoscendoli, in modo tale da evitare il pianto.

Il diniego però ci viene in aiuto anche in situazioni particolarmente gravi o di pericolo, dove negare la consapevolezza che la nostra vita sia seriamente a rischio ci permette di salvarci.

Talvolta, molte azioni eroiche sono il frutto di un uso massiccio del diniego che consente di andare oltre il pericolo della situazione salvando la propria vita e quella di altre persone. In contesti un po’ più problematici invece (ma molto diffusi) il diniego può portare a scenari opposti: per esempio, non effettuare un controllo medico a seguito di un sintomo, come se rifiutare l’eventualità di una malattia permetta di farla sparire.

In psicopatologia, la conseguenza di un uso massiccio del denegare porta allo stato maniacale che consiste in quella fase dei disturbi dell’umore contraddistinta da umore euforico e anormalmente elevato.

L’episodio maniacale è il fenomeno del diniego portato all’estremo: a volte il dolore depressivo diventa talmente insopportabile che alcuni individui rifiutano tale sofferenza tramutandola in euforia allo stato puro, con conseguenze devastanti a livello comportamentale e relazionale.

Come si può intuire, dietro il diniego patologico si cela una sofferenza depressiva insopportabile.

                                             

 

Esempi di diniego

Il diniego è un meccanismo di difesa primitivo e inconscio che permette di escludere dalla consapevolezza aspetti disturbanti della realtà. Questo processo psichico è utilizzato quotidianamente da tutti noi per affrontare emozioni, vissuti ed esperienze spiacevoli proteggendo così il nostro equilibrio mentale. Analizziamo ora alcuni esempi di diniego con cui ci si può confrontare nella vita quotidiana oppure in situazioni di sofferenza psichica a diversi livelli di gravità.

Nella vita quotidiana

Uno degli esempi più comuni di diniego si verifica quando ci troviamo di fronte a notizie devastanti provenienti dai media, come guerre, disastri naturali o tragedie umanitarie. Molte persone tendono a ignorare o minimizzare queste informazioni per evitare di sentirsi sopraffatte dall’angoscia.

Questo tipo di diniego ci permette di continuare con le nostre attività quotidiane senza essere travolti da sentimenti di impotenza e disperazione.

Un altro esempio può essere rappresentato dal rifiuto di riconoscere problemi personali o di salute. Ad esempio, una persona potrebbe negare i sintomi di una malattia per evitare l’ansia legata alla possibilità di una diagnosi grave. Questo tipo di diniego può avere conseguenze serie se impedisce alla persona di cercare cure mediche tempestive.

Nelle relazioni interpersonali

Il diniego può anche manifestarsi nelle relazioni personali, come nel caso di un individuo che nega comportamenti abusanti da parte del proprio partner. Questo meccanismo di difesa può essere utilizzato per proteggersi dalla realtà dolorosa di una relazione tossica ma a lungo andare può portare a gravissime conseguenze emotive e fisiche.

Allo stesso modo, genitori che negano i problemi comportamentali o emotivi dei loro figli possono far sì che questi problemi si aggravino nel tempo. Questo tipo di diniego spesso nasce dalla paura di affrontare la realtà e dalla speranza che i problemi si risolvano da soli.

Sul lavoro

Nel contesto lavorativo, il diniego può manifestarsi quando una persona rifiuta di riconoscere i segnali di burnout. Ignorare costantemente i sintomi di stress cronico, come l’affaticamento e la riduzione della produttività, può portare a gravi problemi di salute mentale e fisica.

Un altro esempio può essere osservato in un dirigente che nega i problemi finanziari dell’azienda continuando a prendere decisioni rischiose senza considerare le conseguenze. Questo tipo di diniego può avere effetti devastanti non solo sull’azienda ma anche sui dipendenti che dipendono da essa per il loro sostentamento.

In psicopatologia

In alcuni casi, il diniego può evolversi in comportamenti psicopatologici. Ad esempio, nelle persone con disturbi dell’umore, come il disturbo bipolare, il diniego può manifestarsi come rifiuto di riconoscere i sintomi maniacali o depressivi. Questo può portare a una mancanza di trattamento adeguato e al peggioramento della condizione.

Diniego in situazioni di emergenza

Nonostante le sue connotazioni spesso negative, il diniego può anche avere una funzione adattiva. In situazioni di emergenza, come durante un terremoto o un incidente grave, il diniego del pericolo imminente può aiutare le persone a mantenere la calma e a reagire in modo efficace per salvare se stesse e gli altri.

Questo meccanismo consente di focalizzarsi sull’azione piuttosto che sul panico che potrebbe generare la situazione.

In generale, il denegare è un meccanismo di difesa complesso e onnipresente nella nostra vita quotidiana. Sebbene possa proteggere il nostro benessere mentale in situazioni di stress acuto, l’uso prolungato e indiscriminato del diniego può portare a gravi conseguenze personali, relazionali e professionali.

È essenziale riconoscere quando questo meccanismo di difesa diventa disfunzionale e cercare supporto psicologico per affrontare in modo più sano le difficoltà della vita.

Il diniego, pur essendo un meccanismo di difesa presente in tutti noi e spesso utile, deve essere gestito con attenzione per evitare che diventi un ostacolo alla crescita personale e alla salute mentale. La consapevolezza e l’accettazione della realtà, per quanto dolorose possano essere, sono fondamentali per il benessere e per una vita piena e ricca di significato.

Diniego e psicopatologia: entriamo nello specifico

Il diniego è un meccanismo di difesa che si manifesta in diversi disturbi psichici giocando un ruolo fondamentale nel modo in cui le persone affrontano e interpretano la realtà. Questo processo permette agli individui di escludere dalla consapevolezza aspetti dolorosi o inaccettabili della loro esperienza proteggendo provvisoriamente il loro equilibrio psicologico.

Tuttavia, quando utilizzato eccessivamente o in modo disfunzionale, il diniego può aggravare i sintomi e complicare il trattamento dei disturbi psichici. Analizziamo ora come il tale meccanismo può manifestarsi nei vari disturbi psichici.

Nel disturbo depressivo maggiore, il diniego può emergere quando l’individuo rifiuta di riconoscere la gravità della propria condizione.

Spesso, le persone depresse possono minimizzare i loro sintomi riconducendoli a semplice stanchezza o stress. Questo porta ovviamente a evitare di richiedere un aiuto psicologico. Il diniego della realtà tipico della depressione può ritardare i benefici di un trattamento psicologico (che servirebbe subito!) e peggiorare i sintomi creando un rinforzo della problematica.

Nel disturbo bipolare, il diniego è particolarmente evidente durante gli episodi maniacali. Gli individui possono negare la loro iperattività, l’eccessiva fiducia in se stessi e il comportamento impulsivo rifiutando di vedere come questi comportamenti siano sintomi della loro malattia.

In questi casi, il diniego non solo complica la gestione del disturbo ma può anche portare a decisioni rischiose e conseguenze negative per la vita dell’individuo e dei suoi cari.

Il diniego gioca un ruolo significativo anche nei disturbi d’ansia. Le persone che soffrono di disturbi d’ansia possono negare l’intensità delle loro paure e preoccupazioni convincendosi che i loro sintomi siano solo temporanei o non gravi. Questo diniego impedisce loro di affrontare direttamente le cause dell’ansia e di cercare percorsi terapeutici efficaci prolungando così il loro disagio psicologico.

Nel contesto del disturbo ossessivo compulsivo (DOC), il diniego può manifestarsi quando gli individui rifiutano di riconoscere la natura irrazionale delle loro ossessioni e compulsioni. Possono credere fermamente che i loro rituali siano necessari per prevenire catastrofi negando l’evidenza che questi comportamenti sono disfunzionali e non fondati sulla realtà.

Questa forma di diniego rende difficile per i pazienti accettare il trattamento e lavorare verso la risoluzione dei sintomi.

Nel disturbo post-traumatico da stress (PTSD), il diniego rappresenta spesso un vero e proprio meccanismo di sopravvivenza. Le persone con PTSD possono negare l’esperienza traumatica o i suoi effetti su di loro cercando così di evitare i ricordi dolorosi e le emozioni associate.

Questo diniego può impedire loro di elaborare il trauma e di trovare una risoluzione emotiva mantenendo così i sintomi del disturbo nel tempo.

Il diniego si manifesta anche nel disturbo borderline di personalità. Gli individui con questo disturbo possono negare la natura caotica delle loro relazioni e le oscillazioni estreme del loro umore. Possono rifiutare di vedere come i loro comportamenti impulsivi e autodistruttivi influenzino negativamente la loro vita e quella degli altri rendendo difficile per loro accettare l’aiuto e lavorare verso un cambiamento positivo.

Nel disturbo da uso di sostanze, il diniego è un elemento chiave. Gli individui possono negare la gravità della loro dipendenza convincendosi di avere il controllo sulla loro capacità di usare droghe o alcol. Questo tipo di diniego rende difficile per loro riconoscere la necessità di trattamento e di supporto perpetuando il ciclo della dipendenza e le sue conseguenze devastanti sulla salute e sulle relazioni.

Anche nei disturbi dell’alimentazione, il diniego ha un ruolo decisivo. Le persone con anoressia nervosa o bulimia possono negare la gravità del loro comportamento alimentare e le sue conseguenze sulla salute. Possono rifiutare di riconoscere la perdita di peso estrema o le abbuffate come problematiche, vedendole invece come sotto controllo o addirittura come scelte di vita positive.

Questa tipologia di diniego complica la loro capacità di accettare il trattamento e di intraprendere il percorso verso la guarigione.

Il diniego è dunque un meccanismo difensivo complesso che si manifesta in vari disturbi psichici influenzando negativamente la capacità delle persone di affrontare e gestire la loro condizione.

Mentre nelle situazioni della vita quotidiana può offrire una temporanea protezione dal dolore emotivo, il diniego prolungato o estremo impedisce la crescita personale e la guarigione. È fondamentale che i professionisti della salute mentale riconoscano e affrontino il diniego nei loro pazienti aiutandoli a sviluppare una maggiore consapevolezza e ad adottare strategie più efficaci per gestire i loro disturbi.

Solo attraverso il riconoscimento e il lavoro sulle cause profonde del denegare le persone possono sperimentare un autentico movimento verso il benessere psicologico.

In conclusione, il diniego è un aspetto centrale nella psicopatologia e attraversa vari disturbi andando a influenzare profondamente la vita degli individui. Sebbene esso possa fornire un momentaneo sollievo dal dolore psicologico, è fondamentale che venga identificato e affrontato per promuovere una reale guarigione e migliorare la qualità della vita.

Affrontare il diniego richiede un approccio empatico e attento da parte dei terapeuti che devono guidare i pazienti verso una maggiore consapevolezza e accettazione della realtà. Solo attraverso questo processo le persone possono superare i loro disturbi e costruire una vita più equilibrata e soddisfacente.

Quali sono le cause dell’uso massiccio del diniego?

Come accennato, diniego è un meccanismo di difesa che si attiva quando l’individuo si trova di fronte a situazioni o emozioni troppo dolorose o minacciose per essere integrate nella consapevolezza. L’uso massiccio del denegare può essere causato da una serie di fattori profondamente radicati nell’esperienza psicologica e nelle dinamiche relazionali dell’individuo.

In primo luogo, il diniego può emergere come risposta a traumi infantili. Quando un bambino vive esperienze di abuso, incuria o perdita, può adottare il diniego come strategia “totalizzante” per sopravvivere emotivamente. Questo meccanismo permette al bambino di escludere dalla consapevolezza la realtà dolorosa che sta vivendo mantenendo un senso di sicurezza e protezione.

Anche se questa strategia può essere adattiva nel breve termine, l’uso continuativo del diniego può portare a difficoltà nell’elaborazione e nell’integrazione delle esperienze traumatiche1 perpetuando uno stato di disconnessione dalla realtà emotiva.

Un’altra causa significativa dell’uso massiccio del diniego è legata alle dinamiche familiari e alle relazioni con le figure di attaccamento. Se i genitori o le figure di riferimento del bambino utilizzano il diniego per affrontare i loro problemi emotivi, il bambino può imparare a replicare questo comportamento.

Ad esempio, un genitore che nega la presenza di conflitti familiari o problemi psicologici insegna implicitamente al bambino che la negazione è un modo accettabile di gestire le difficoltà. Questa dinamica può diventare particolarmente problematica se il diniego viene utilizzato per evitare il confronto con la realtà creando un ciclo di evitamento e disconnessione che può persistere nell’età adulta.

Anche il temperamento dell’individuo può giocare un ruolo cruciale nell’utilizzo del diniego. Alcune persone possono essere geneticamente predisposte a utilizzare meccanismi di difesa primitivi come il diniego, a causa di una maggiore sensibilità emotiva o una predisposizione a esperire alti livelli di ansia. Questa predisposizione può essere esacerbata da esperienze di vita che confermano la necessità di evitare emozioni dolorose.

Il denegare diventa così un modo per mantenere un senso di controllo e stabilità interna di fronte a stress emotivi insopportabili.

L’ambiente culturale e sociale in cui un individuo cresce può influenzare notevolmente l’uso del diniego. In alcune culture, l’espressione delle emozioni e il riconoscimento delle difficoltà psicologiche possono essere stigmatizzati.

Di conseguenza, gli individui possono essere più inclini a utilizzare il diniego come modo per conformarsi alle aspettative sociali e mantenere un’immagine di forza e competenza. Questo può portare a una repressione sistematica delle emozioni e a una mancata elaborazione delle esperienze traumatiche rafforzando ulteriormente l’uso del diniego come meccanismo di difesa prevalente.

Un altro aspetto fondamentale riguarda l’interazione tra i vari meccanismi di difesa. Spesso, il denegare non agisce da solo ma in combinazione con altri meccanismi difensivi come la proiezione, la razionalizzazione e la dissociazione.

Questa combinazione può creare un sistema complesso di difese che rafforza la negazione della realtà. Ad esempio, un individuo che utilizza la proiezione può attribuire agli altri i propri sentimenti inaccettabili, mentre il diniego gli permette di evitare di riconoscere questi sentimenti come propri.

Questo intreccio di difese può rendere particolarmente difficile per l’individuo riconoscere e affrontare le proprie emozioni ed esperienze.

Le conseguenze dell’uso massiccio del diniego sono molteplici e spesso gravi. A livello psicologico, il diniego cronico può portare a una disconnessione profonda dalla realtà emotiva impedendo all’individuo di sviluppare una comprensione integrata e coerente di sé e delle proprie esperienze. Questo può portare a una serie di disturbi psicologici, tra cui depressione, ansia, disturbi dissociativi e disturbi di personalità.

Sul piano relazionale, il diniego può compromettere la capacità di formare e mantenere relazioni autentiche e significative. Le persone che utilizzano il diniego in modo massiccio possono avere difficoltà a riconoscere e rispondere alle emozioni degli altri. Questo può portare a incomprensioni, conflitti e isolamento sociale.

Il fenomeno del denegare può anche avere implicazioni significative per il trattamento psicoterapeutico. Poiché il diniego impedisce all’individuo di riconoscere e affrontare le proprie difficoltà, esso può ostacolare il processo terapeutico.

I terapeuti devono essere particolarmente attenti a riconoscere i segni del diniego e a lavorare con i pazienti per sviluppare una maggiore consapevolezza e accettazione delle loro emozioni ed esperienze. Questo può richiedere un approccio terapeutico sensibile e delicato che aiuti l’individuo a sentirsi al sicuro nel confrontarsi con la realtà senza sentirsi sopraffatto.

In conclusione, l’uso massiccio del diniego è un fenomeno complesso e poliedrico, che può essersi radicato in traumi infantili, in dinamiche familiari, nel temperamento individuale, in influenze culturali e nelle interazioni tra vari meccanismi di difesa.

Sebbene il diniego possa offrire una protezione temporanea dalle emozioni dolorose, il suo uso persistente può avere gravi conseguenze psicologiche e relazionali. Riconoscere e affrontare il diniego è essenziale per promuovere una maggiore consapevolezza emotiva e favorire un adeguato percorso di crescita personale.

Uso patologico del diniego: come se ne esce?

Come già detto, tutti noi ricorriamo nella nostra vita al diniego: è un meccanismo che ci consente di affrontare alcuni momenti di forte sollecitazione emotiva e che ci può preparare alla successiva elaborazione e accettazione di qualcosa di doloroso.

Ma quando questo meccanismo di difesa viene utilizzato in maniera massiccia e indiscriminata, allora insorgono problemi a livello di relazioni, di vita lavorativa e di percezione di sé. In questi casi è necessario l’ausilio di un percorso psicologico o di un percorso psicologico online.

In psicoterapia psicodinamica, trattare l’uso patologico del denegare richiede un approccio attento e profondo che miri a portare alla luce i conflitti inconsci che alimentano questo meccanismo di difesa. Il diniego è spesso utilizzato per evitare di affrontare realtà dolorose o minacciose: esso mantiene l’individuo in uno stato di inconsapevolezza rispetto ai propri conflitti interni e alle emozioni negative.

Un primo passo nel trattamento del diniego è la costruzione di una solida alleanza terapeutica.

Il terapeuta psicodinamico deve creare un ambiente sicuro e accogliente in cui il paziente possa sentirsi libero di esplorare i propri pensieri e sentimenti senza giudizio. Questo setting è cruciale perché consente al paziente di abbassare le difese e iniziare a confrontarsi con aspetti della propria psiche che normalmente tenderebbe a negare.

Attraverso tecniche come le libere associazioni, l’interpretazione dei sogni e l’analisi del transfert, il terapeuta aiuta il paziente a riconoscere e comprendere i contenuti inconsci che stanno alla base del diniego.

Le libere associazioni permettono al paziente di esprimere pensieri e sentimenti senza censure rivelando così conflitti interni che potrebbero essere alla base del diniego. L’interpretazione dei sogni, invece, offre una via per accedere ai desideri repressi e alle paure nascoste che spesso sono negate nella coscienza diurna.

Il transfert, a sua volta, è un altro strumento fondamentale. Analizzando il transfert, il terapeuta può aiutare il paziente a vedere come le dinamiche del denegare si manifestino nella relazione terapeutica riflettendo schemi di negazione che l’individuo utilizza anche nelle relazioni al di fuori della terapia.

Un altro elemento chiave del trattamento del diniego è l’interpretazione delle resistenze. Il denegare è spesso accompagnato da resistenze che il paziente mette in atto per proteggersi dal dolore psichico. Queste resistenze possono manifestarsi sotto forma di razionalizzazioni, proiezioni o altre forme di difesa che ostacolano il percorso terapeutico.

Il terapeuta deve essere abile nel riconoscere queste resistenze e nel lavorare con il paziente per superarle facilitando così l’accesso a una comprensione più profonda dei propri meccanismi di difesa.

La consapevolezza delle dinamiche inconsce che alimentano il diniego è un obiettivo centrale della terapia psicodinamica. Attraverso il processo di insight, il paziente inizia a vedere come tale meccanismo abbia influenzato negativamente la sua vita impedendogli di affrontare e risolvere conflitti emotivi e relazionali. Questo processo di consapevolezza può essere doloroso e può richiedere tempo ma è essenziale per promuovere cambiamenti duraturi e significativi.

Infine, il lavoro sul diniego in psicoterapia psicodinamica non è solo un processo di scoperta e disvelamento ma anche di integrazione.

Una volta che i conflitti e le emozioni negate vengono portate alla luce, il terapeuta dovrà aiutare il paziente a integrare queste nuove comprensioni nella sua vita quotidiana. Questo può comportare lo sviluppo di nuovi schemi di pensiero e comportamento che sostituiscono quelli disfunzionali legati al diniego.

In sintesi, trattare l’uso patologico del denegare in psicoterapia psicodinamica implica un lavoro profondo e complesso che mira a portare alla luce e integrare i conflitti inconsci.

Attraverso un setting terapeutico sicuro, tecniche analitiche specifiche e l’analisi delle resistenze, il terapeuta potrà guidare il paziente in un viaggio di scoperta e trasformazione che lo aiuterà a superare il diniego e a sviluppare una maggiore consapevolezza e capacità nell’affrontare le sfide della realtà.

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