A tutti noi è capitato di avvertire, almeno una volta nella vita, quel fastidioso senso di chiusura e soffocamento di fronte a luoghi particolarmente stretti o angusti: nei casi più estremi, quando il senso di chiusura e soffocamento diventa tremendamente destabilizzante, ci troviamo di fronte alla claustrofobia.
In situazioni normali, questo è un vissuto che diminuisce a poco a poco, in quanto si ha la consapevolezza del fatto che la permanenza in tale luogo angusto sarà temporaneo e si potrà in breve tempo tornare in uno spazio aperto e meno opprimente.
Le persone che soffrono di claustrofobia, invece, di fronte a questi ambienti si ritrovano a sperimentare delle sensazioni spaventose e di panico che tuttavia sono irrazionali. Perché provano ciò?
Analizziamo più a fondo questa particolare fobia.
La claustrofobia è quel disturbo in cui si prova una forte paura dei luoghi chiusi quali gallerie, grotte, cinema, ascensori, cabine di spogliatoio, scompartimenti del treno ecc. In tali situazioni la persona claustrofobica può avvertire 1) un pressante senso di soffocamento oppure 2) una penosa sensazione di essere imprigionato e senza via di scampo.
Questo tipo di fobia ha una “storia” molto antica Si può dire che affondi le sue radici nell’ “alba” del genere umano: essa è strettamente collegata alle risposte di paura e sgomento degli animali che si trovavano dinnanzi a situazioni in cui non avevano alcuna via di fuga. Quindi la risposta claustrofobica, in specifici contesti di costrizione e soffocamento, ha una sua utilità perchè può stimolare a trovare soluzioni oppure a richiedere aiuto ai propri simili. Nelle persone con claustrofobia, la risposta di terrore è a tratti sconcertante e disorganizzante. La paura prende totalmente il sopravvento portando ad una condizione di paralisi.
Nei casi più seri, questo tipo di fobia può diventare molto disturbante nella vita di tutti giorni. Molte altre persone invece gestiscono tale disagio evitando accuratamente tutti gli spazi che suscitano senso di chiusura e soffocamento. Ma la claustrofobia ha un significato profondo molto importante Spesso tale problema è un segnale di un disagio che se non accolto e non analizzato, può peggiorare e andare a coinvolgere altre aree di disagio Spesso, inoltre, la claustrofobia può intrecciarsi con altri disturbi d’ansia, come il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo di panico, la fobia sociale, ecc.
Ma quali sono le cause all’origine della claustrofobia?
Dietro una problematica claustrofobica si cela sempre un conflitto tra la spinta all’indipendenza e la sicurezza data dalla protezione di un ambiente accogliente ma che col tempo può trasformarsi in qualcosa di opprimente e soffocante.
La persona claustrofobia avverte come pericolose le situazioni che vive come perdita di liberta. Nella vita di tutti i giorni pertanto sentirà come asfissianti tutti i rapporti stretti. Questo però pone il soggetto claustrofobico di fronte ad un problema, in quanto per lui essere indipendenti significa rinunciare ad un coinvolgimento emotivo, con la conseguente insorgenza del senso di colpa. Il “leit-motiv” del claustrofobico sarà questo: “Acquisisco libertà ma perdo l’amore delle persone a me care”. Tuttavia non è affatto così: si può avere una vita autonoma e indipendente senza perdere l’amore dei propri cari!
L’episodio calustrofobico rappresenta sì un frangente terribile per la persona che lo vive ma anche un momento di riflessione per lui: a partire da tale episodio (segnale di un disagio) può prendersi un tempo e uno spazio per “chiudersi” provvisoriamente in se stesso, ma in senso positivo…chiudersi per interrogarsi sulla propria vita esternando dubbi e timori, elaborandoli in un percorso di aiuto psicologico e mettendo in discussione la propria persona e i propri precari equilibri…
Spesso i dilemmi di fronte a cui si trova il claustrofobico sono legati al senso di oppressione e di chiusura generati dalla famiglia d’origine e dall’incapacità di liberarsi da questo “giogo”… perché liberarsi dai “legacci” del contesto familiare può essere vissuto come un tradimento, un’ingiustizia nei confronti di chi ci ha dato la vita…in realtà l’“ingiustizia” risiede proprio nel non avere la possibilità di vivere la propria vita facendo le proprie scelte in piena libertà. Sia ben chiaro: questo non significa che le cause della claustrofobia siano sempre ed esclusivamente dovute alla famiglia d’origine!…a volte è così ma a volte no!…i genitori fanno quel che possono dando amore e trasmettendo valori e principi ai figli…può capitare che si creino delle incomprensioni, dei “loop” emotivi, delle comunicazioni fuorvianti che portano i figli a sentirsi troppo vincolati alla “rassicurante” realtà della famiglia d’origine…questo però, col passare del tempo, porterà a generare la cosiddetta “angoscia claustrofobica”, ossia quell’angoscia di essere chiusi dentro l’ordine della propria eredità familiare, senza poterne più uscire.
In conclusione, si può tranquillamente vivere con la claustrofobia…basta evitare i luoghi chiusi fonte di angoscia…ma si può vivere una vita “al ribasso”?…chiusa dai “limiti” di un ambiente che non favorisce la libertà e la gioia di mettersi in gioco nel mondo?…
Dott. Davide Ivan Caricchi
n. Iscrizione Albo 4943
P.I. 10672520011
Via Giovanni Pacini 10, Torino
Via Roma 44, San Mauro Torinese